Tumore a due organi bruciato con calore delle microonde
Padova applica una duplice procedura su doppio e diverso organo, mettendo in campo l’alta temperatura per affrontare le metastasi al fegato e al polmone. Si chiama ablazione termica a microonde. Si usa il calore per distruggere le cellule, tecnica applicata nella cura delle neoplasie del fegato e da qualche tempo validata anche su altri organi, approccio per esempio il polmone e il rene.L’intervento è stato effettuato in 2 organi diversi: fegato e polmone in contemporanea nella stessa seduta.
Procedura “frizzante” 2 in 1 Un intervento 2 in 1, che sfrutta la forza del calore per distruggere le cellule del tumore ea Padova ha permesso ai medici di neutralizzare in un colpo solo le metastasi in due organi diversi: fegato e polmone. La procedura messa in campo dall’azienda ospedaliera si chiama ablazione termica a microonde. Tecnica, spiegano gli esperti, applicata nella cura delle neoplastiche del fegato e da qualche tempo validata anche su altri organi, approccio polmone e rene. La particolarità dell’intervento padovano, eseguito all’inizio di marzo, è quella di aver trattato in contemporanea in un’unica seduta di sangue, in cui la donna, una donna di 84 anni, aveva contratto metastasi di circa 4 centimetri e 1 cm trama da un tumore al colon, curato.
Questa proceduta mininvasiva è stata eseguita per perizia di percutanea, arrivando rapidamente e in maniera diretta all’organo malato, con l’imaging strumentale (Tac, ecografia) approccio ‘navigatore’. Una guida che, spiega gli autori dell’intervento, ha permesso di mirare e centrare il bersaglio con precisione attraverso l’adorazione con un inserimento di un semplice fa del diametro di 1,5 millimetri e lungo circa 20 cm, che ha creato un campo sferico riscaldando le cellule tumorali, portandole a distruzione in necrosi coagulativa.
L’impiego delle microonde è l’ultima evoluzione della termoablazione. “Regista” della strategia Giulio Barbiero e Michele Battistel , radiologi interventisti dell’Istituto di Radiologia dell’Azienda ospedaliera-università di Padova, diretto da Emilio Quaia.
Questo campo, in cui sono comandi sviluppati annunci oggi tecniche sempre meno invasive, si sta dimostrando – evidenziano gli esperti – un nuovo pilastro nelle cure del tumore, allineandosi al fianco di chirurgia, radioterapia, chemioterapia. Quaia , con i giovani radiologi, i principali fattori dell’intervento, ha scelto quella che viene definita una strada innovativa: «La procedura di termoablazione combinata ha permesso di affrontare la malattia con una semplice seduta interventistica, con successo su due organi diversi, in susseguenza e con un ricovero di soli 2 giorni e senza altre complicanze ».
Hanno collaborato col team interventistico l’équipe di anestesisti e personale tecnico, infermieristico e sanitario. Si è agito prima sul fegato e poi sul nodulo polmonare, con la paziente vigile e collaborativa. Le due fasi sono durate in tutto circa 1 ora e mezza. Al termine, un controllo con il medio di contrasto ha permesso di constatare la devitalizzazione delle metastasi in entrambi gli organi. Nel tempo, queste entrate sono naturalmente sostituite da tessuto cicatriziale.
Di norma i noduli metastatici sono stati affrontati con chemio o radioterapia, più pesanti e difficili da sopportare per un’overta 80, già provata dalla malattia e dal primo ciclo di chemio, puntualizzano gli specialisti. Invece, con la strategia minivasiva accurata, in quarantotto ore la donna è stata dimessa.
Poche volte in Italia e in Veneto è stato eseguito un intervento di questo genere in contemporanea e su due diversi organi. Fra i vantaggi ed i benefici della procedura, eliminando l’anestesia generale, si potranno trattare problemi con comorbilità ; la degenza ridotta a uno o massimo 2 giorni; la possibilità di trattare anziani e giovani, per noduli tumorali piccoli entro i 4-5 cm.
Eppure la rapidità e ripetibilità della procedura, coniugata una sicurezza, efficacia e attenzione alla chirurgia tradizionale. Fra gli effetti è considerato un vantaggio di sistema sanitario nazionale. Già oggi in Italia si stimano 95 mila procedure di radiologia interventistica l’anno. Ma studi europei si tratta di ricoveri per procedura interventistiche quadruplicheranno entro il 2020.